Ero andato avanti, stavo riuscendo a pensare solo a me stesso, ad amarmi incondizionatamente, a dare priorità a ciò che è meglio per me. Ad interrompere tutto ciò sono bastati un progetto saltato, qualche conversazione in chat più intima del solito, e qualche telefonata per la serie: "Ti sto pensando". Praticamente il nulla, un "bla bla bla". Ed è questo che ha rovinato tutto, i miei sentimenti, il mio cuore, la mia voglia di vivere l’amore, sempre concesso che si tratti di quest’ultimo parolone. I dubbi, ora come ora, sono ammessi. E’ una forma d’esasperazione, un abbattimento di fronte ad una dolce apparenza, corrisposta da una concretezza inesistente. Ho fumato un pacchetto intero di Winston Blue, bevuto tre cocktails, e mi ritrovo qui a pensare al mio più grande sbaglio: amare. Sì, perché l’amore, ad un certo punto, diventa un’arma autolesionistica, una dipendenza dalla quale risulta difficile uscirne fuori. Eppure, se la paragoniamo alla dipendenza dal fumo, i medici dicono che è un fattore psicologico, basta voler smettere. E’ questo il punto: voglio smettere? Probabilmente sto raschiando il fondo, ma, purtroppo, non c’è limite al peggio. E, credetemi, ho raggiunto tanti limiti. In un periodo ho distrutto me stesso, il mio corpo, ho vissuto da eremita, coprendomi di un’apparente felicità, forse mai esistita. Mi riesce bene nascondere il mio reale stato d’animo. Ed è per questo che posso contare solo su me stesso, sulla mia volontà, e, per una volta, sul mio intelletto. Non sento niente. Una volta sentii dire che, forse, ci è concesso soltanto un certo numero di lacrime per persona, ed io le ho esaurite tutte. Nostalgia, per quella parte di me spensierata, quella parte di me che non aveva niente e nessuno per cui soffrire, quella parte di me che, ingenuamente, mi faceva prendere e gettare le persone come se fossero carte da gioco in una semplice partita a scopa. Oggi capisco che l’amore ti segna a vita, e che al cuor non si comanda. "Sappi che ti amo".