Transizione.

Sono questi gli ultimi istanti della mia adolescenza? Ancora un giorno, e avrò vent’anni. Un po’ di malinconia, come se l’epoca del cazzeggio giustificato stesse per finire, facendo spazio alla vita “seria”, una volta per tutte. In questi ultimi dieci anni sono passato da bambino ad adolescente, e da adolescente a “quasi-adulto”, ed ho vissuto tantissime esperienze formative che oggi mi fanno sembrare assurda l’idea di poter ridire una cosa del genere tra un decennio. Ero un bambino che sognava il cinema, la musica. Mi sentivo diverso dagli altri bimbi, che avevano tutti lo stesso sogno comune del calcio, mentre giravo da un casting all’altro, con mia madre che mi diceva di tenere la schiena dritta e di essere me stesso. Ogni volta mi sentivo come se mi stessi avvicinando sempre di più alla realizzazione di quel sogno, ed ogni notte chiudevo gli occhi, e mi ritrovavo a Cinecittà. In seguito, sotto consiglio della professoressa di Educazione Musicale alle medie, afferrai il microfono, e cominciai a cantare. Tanti palchi, tanti concorsi, tanti applausi, tante emozioni, e tante lacrime di gioia e soddisfazione. E, ripensandoci, era proprio quello il posto dal quale non sarei mai voluto andare via: il palco. Probabilmente, l’unica vera passione che possiedo. E mi manca tanto, a volte da morire. Ma insieme a tutte quelle emozioni, ci furono le inevitabili delusioni. Un mondo sporco, corrotto, difficile, che mi ha portato quasi ad una rassegnazione, che mi ha diretto verso orizzonti più realistici. E così tornai con i piedi per terra, leggendo questo blog, e capii che la mia strada forse è questa, scrivere, dare spazio alla mia voce, alle mie idee. Un palcoscenico virtuale tutto mio, con cui cerco di compensare la mancanza dell’occhio di bue puntato su di me, sul mio microfono, sulla mia voce. Diciannove anni, Milano, Università, facoltà di Comunicazione, Media e Pubblicità. Sto diventando grande, e me ne rendo conto. Tanto da farmi paura. Vent’anni, e nuove ambizioni, nuove strade. Nuovo me.

Natale 1995

 

Sono stato in piedi al centro, sono stato preso in giro.
Ma fuori dalla confusione, la statica e il rumore.

Avete ottenuto la mia attenzione,
e mi avete fatto desiderare di…

Vivere, come se fosse l’ultima luna nascente.
Urlare, come se non ci fosse nessuno.
Lasciare le mie difese.

Come se fosse l’ultimo momento nel tempo.”

One thought on “Transizione.

  1. L’unico consiglio che mi sento di dare – e che regolarmente do – ai giovani è questo: combattete per quello in cui credete. Perderete, come le ho perse io, tutte le battaglie. Ma solo una potrete vincerne. Quella che s’ingaggia ogni mattina davanti allo specchio. Si cita spesso una battuta: «Bisogna vivere come si pensa, altrimenti si finirà per pensare come si è vissuto» (la frase è nel romanzo Il demonio meridiano pubblicato nel 1914 dallo scrittore francese Paul Bourget). Questo monito vale soprattutto per i giovani che non hanno ancora impresso alla loro vita una piega. È per questo che lo accosto al «consiglio» che a loro indirizzava Indro Montanelli nel suo scritto autobiografico Soltanto un giornalista. Egli introduceva una duplice dimensione nel suo suggerimento. La prima è quella del «pudore», una realtà sempre più scarsa nei nostri giorni «svergognati». Come si sa, la decenza non è solo quella sessuale, ma anche il rossore quando si traligna. Lo scrittore irlandese George Bernard Shaw ricordava che «l’uomo è l’unico animale capace di arrossire. Ma è anche l’unico ad averne bisogno». Purtroppo, spesso, e non solo tra i giovani, impera la sfrontatezza. Sulle guance si spalma il colore neutro dell’indifferenza morale, della spudoratezza, dell’improntitudine che cancella ogni rossore della coscienza. C’è un’altra dimensione che il «consiglio» di Montanelli introduce ed è quella della coerenza con le proprie idee. Certo, ironicamente ci si potrebbe talora chiedere: ma si hanno ancora idee o convinzioni oggi? La verifica della conformità tra pensare e fare la si ha simbolicamente «davanti allo specchio», ossia quando si esamina la propria coscienza. Ma anche qui sorge una domanda: si è ancora abituati a guardarsi dentro l’anima e a giudicarsi? Facciamo, allora, risuonare le parole di sant’Agostino: «Ritorna in te stesso: è lì che abita la verità».

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