Le parole che aspettavi.

Ci è concessa una sola vita, ed è troppo breve per non essere goduta. Difficilmente dimenticherò questa serata, all’insegna di tanti progetti futuri, di pensieri, ambizioni. Sogni. Poco più di una settimana fa, in uno dei locali più in voga della movida milanese, ho avuto modo di conoscere dei ragazzi americani, precisamente di Los Angeles. Sono venuti qui in Europa, a 21 e 25 anni, per soddisfare una voglia di evadere, e seguire i loro sogni. Mi è rimasta impressa una loro affermazione circa noi italiani: “Italians don’t enjoy their jobs”. Gli italiani non sono soddisfatti dal loro lavoro. Un parere di chi ci guarda dall’esterno. E, siamo onesti, quant’è vero? Vedo tanti adulti che lavorano giusto perché “bisogna farlo”, magari senza passione, stressati. Tanti studenti che si lamentano dei corsi di laurea che frequentano, seguendo una carriera universitaria di cui se ne pentono una volta intrapresa. E così via. Facciamo delle scelte, e ci sentiamo intrappolati in esse, pensando di non poterne più uscire fuori. Dimentichiamo che la vita è breve quanto lunga, che per trovare la strada adatta a noi dobbiamo prima prenderne altre mille e perderci, e, soprattutto, che non è mai troppo tardi per ripartire da zero. Tutti noi italiani siamo consapevoli che il nostro paese, oggi, è uno dei più arretrati al mondo, e non solo perché possediamo una mentalità provinciale o perché siamo l’unica nazione occidentale che ancora distingue i diritti dei cittadini tra quelli di serie A e quelli di serie B (omosessuali in primis). Siamo un popolo statico, privo del senso di “evoluzione”. Siamo gente che cerca lavoro da mamma e papà, da raccomandazioni, che non studia in base a ciò che gli interessa, ma a ciò che più gli può dare un posto fisso. Siamo privi di larghe vedute, con la mentalità paleolitica che dobbiamo trovare un solo lavoro e tenercelo stretto. Vaffanculo! Siamo nel 2011, e bisogna cambiare tanti lavori, fare tante esperienze, girare, cadere cento volte e rialzarsi altre mille. E il resto del mondo va avanti, con giovani che abbandonano le loro famiglie per crearsi un proprio destino in un altro continente, e seguire ciò che gli dice il cuore. I sogni, roba sempre più in via d’estinzione in questa Italietta che rimane fissa nella sua ormai troglodita mentalità tradizionalista. Dobbiamo trovare il coraggio di considerare tutte le strade sbagliate che abbiamo intrapreso come un immenso tesoro di esperienze. Il coraggio di non aver paura di seguire ciò che ci dice il cuore. Che sia a venti, a trenta, a quaranta, o a cinquant’anni. Perché qualsiasi cosa facciamo, dalla più giusta a quella che sembra la più sbagliata, è vita. E quest’ultima non va classificata in base alla sua qualità, ma in base alla soddisfazione personale che regala. Che sia per un istante, o per un’intera esistenza.

A tutti coloro che pensano di non poter ricominciare.

One thought on “Le parole che aspettavi.

  1. Amo la vita. Tutto il mio tormento consiste nella paura di non poterne godere abbastanza a lungo e appieno. Le giornate mi sembrano troppo brevi. Il sole tramonta troppo presto. Le estati finiscono così in fretta. La morte arriva così presto. I suoi romanzi rimasero chiusi per mezzo secolo nel baule che le due figlie non avevano mai osato aprire, dopo che il nazismo aveva eliminato la loro madre ebrea a Auschwitz nel 1942. Dobbiamo essere grati all’editore Adelphi che ha fatto conoscere anche a noi le opere di Irène Némirovsky, uscite finalmente da quel baule, rivelando una delle più geniali scrittrici del Novecento che visse meno di quarant’anni (era nata a Kiev nel 1903). Acquista, quindi, un valore particolare questa sua confessione autobiografica che sarebbe da meditare soprattutto da parte di chi vive immerso nella noia e nell’inerzia, di colui che tira a campare, giovane o anziano che sia, ripetendo idealmente – quando si trova davanti a un altro mattino – la sconfortante osservazione di Qohelet: «Non ci provo alcun gusto!» (12,1). Irène usa un’espressione che pochi purtroppo hanno il coraggio di ripetere: «Io amo la vita». E la amo perché ne succhio tutta la linfa, ne colgo i fiori, la colmo di ricerca, di azione e di contemplazione. Impressiona questo gustare l’esistenza a pieni sorsi, soprattutto ai nostri giorni quando si vedono folle di persone che non sanno come sprecare il tempo e bruciarsi la vita. È un po’ anche per questo che la morte è divenuta semplicemente un dato statistico oppure è rimossa e ignorata. O peggio, è spesso scelta quasi come una soluzione per le difficoltà, dall’inizio assoluto della vita con l’aborto sino alla fine con l’eutanasia, con una futilità e una leggerezza impressionanti. Leggendo questo tuo post sembra di ripercorrere i giorni che sto vivendo…
    La chiosa finale risuona come un monito alle mie considerazioni e presupposti su cui ultimamente getto la sorte.
    Mi agito nel riguardare una “vita trascorsa” nella follia di realizzare un sogno…ma forse è solo illusione concretizzata e vana testardaggine.
    Credo molto nel fato, nelle coincidenze, nella certezza che il destino ha molta più fantasia di noi nel suggerirci strade e scorciatoie che, volendo fare da soli non ci porterebbero che a via senza uscita o binari morti, me che invece grazie a delle intuizioni o mero caso ci aprono orizzonti inaspettati.
    Ancora una volta mi trovo a ringraziarti, perchè dalle tue esperienze sai farne scuola anche per altri, consiglio nel dubbio, faro nella nebbia di tanti che hanno imparato, per paura e codardia, ad ascoltare solo e unicamente il loro giudizio lasso e quello interessato degli altri, senza aprirsi ad un vero e onesto confronto col proprio io e la propria coscienza.
    Ti sono grato per queste tue parole cariche di luce, e senza resentare la ruffianeria (non ne avrei scopo!) spero davvero tu possa trovare quella strada che ti condurrà alla serenità e alla pace, alle realizzazione e alla completezza, alla gioia e alla felicità che meriti.
    Ricordandoti ad ogni battito del cuore…TVB Ale!

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