Somme d’amori vissuti, perduti e futuri.

E in un respiro, in un sol colpo, mi ritrovo a vivere gli ultimi trenta giorni di quest’anno. Un anno letteralmente volato via in un flash, tanto da non essere pronto per tirare le classiche somme di fine anno. Se dovessi definire questo 2011, direi che è stato un anno ricco di apparenza, ma povero di essere. E’ come se il tempo fosse andato avanti, mentre io sono rimasto fermo, indietro, sotto qualche punto di vista. In quest’anno non ho versato lacrime, ho perso varie persone per strada che avrebbero dovuto deludermi, ma che invece non mi hanno minimamente toccato, e che ho rimpiazzato in un batter d’occhio. Probabilmente perché ho capito le istruzioni del gioco della vita, o meglio della ruota della vita, “gente che va e gente che viene”. Nessun valore affettivo, se non l’amore immisurabile per la mia famiglia. Niente che si fosse minimamente avvicinato all’innamoramento, se non infatuazioni da quattro soldi consumate come un tubo di Pringles, con tanto di leccata di dita. Il 2011 è stato l’anno della disintossicazione finale da tutto ciò che faceva parte della parentesi turbolenta del mio passato. Ma la domanda è: mi sono disintossicato davvero? Mentre certi vecchi avvenimenti sembrano solo brutti incubi mai vissuti (grazie a Dio), altri continuano a bussare alla mia porta, come degli scheletri nell’armadio che proprio non vogliono saperne di essere buttati via. Ho giocato a carte scoperte, e non mi sono ritrovato niente, se non la dimostrazione di quanto valessi poco per quelle due misere persone a cui ho dato priorità in tutta la mia breve ed intensa vita. E’ giusto lasciarsi, ed è più che giusto farsi la propria vita dopo una relazione considerata amore finita male, ma credo che non ci sia cosa più brutta dell’essere trattati con indifferenza dalle persone che si ha amato. O peggio ancora, essere trattati come se non si fosse mai esistiti. Più che i fallimenti nel lavoro, nello studio, ciò che mi fa sentire un fallito sono i fallimenti personali, affettivi. Ho sempre reputato le relazioni come degli investimenti su cui puntare, a proprio rischio e pericolo. Eppure, ho sempre puntato solo ed esclusivamente io in ogni relazione della mia vita, che fosse sentimentale o amichevole. Sono, dunque, giunto ad un punto in cui necessito dimostrazioni dalle persone con cui decido di relazionarmi, perché investire in sentimenti è peggio dell’investire un intero patrimonio, e perderlo. La prima volta che mi sono innamorato ho dato tutto me stesso, per poi ritrovarmi davanti agli occhi la persona più sbagliata di cui ci si potesse innamorare. E, devo ammetterlo, ne pago ancora oggi le conseguenze, dopo quasi tre anni, con un fantasma che va e viene, non lasciandomi mai in pace del tutto. Un fantasma di cui il corpo starà vivendo alla grande, probabilmente colpito dal pensiero di me tre volte in un anno. E va bene così, perché ero ingenuo, innocente, stupido. La seconda volta non ho amato, ma ho provato un bene immenso, affievolitosi col tempo con la più grande dimostrazione di quanto le persone predichino bene e razzolino male. Ma fortunatamente, in questo caso, il rancore è pari a zero, e i dolci ricordi la fanno da padrone. E le amicizie… Tante troie fatte con lo stampino: bone, ipocrite e false, alcune sfanculate, altre tenute lì, con la rassegnazione della serie “me le tengo così, ma a valore zero”. Porto tanto rancore per tante persone, è palesemente constatabile. Il punto della situazione è che sto imparando, senza fretta, a buttarmi alle spalle le delusioni da quattro soldi della gente, e ad imparare a soffrire dove ne valga veramente la pena. Il primo amore non si scorda mai, e mi farà ancora piangere e sorridere nell’immortalità dei suoi ricordi. Il secondo amore è un dolce ricordo, privo di peso per la sua imparagonabilità al primo. Il terzo amore… Dovrà essere perfetto, proprio come il suo numero. Con le esperienze si esige sempre di più la perfezione. Speriamo solo di non avere il terzo in comodo. Almeno, non stavolta!

One thought on “Somme d’amori vissuti, perduti e futuri.

  1. L’amore sa aspettare, aspettare a lungo, aspettare fino all’estremo. Non diventa mai impaziente, non mette fretta a nessuno e non impone nulla. Conta sui tempi lunghi. È stato l’evangelista che ha coniato la più alta definizione di Dio, ho Théos agàpe estín, «Dio è amore». Giovanni ci spinge a ritornare su un tema inestricabilmente intrecciato col cristianesimo, al punto tale da diventare l’unità di misura della stessa fede: «Da questo vi riconosceranno come miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri» (Giovanni 13, 35). Noi lo facciamo attraverso le belle parole del teologo protestante Dietrich Bonhoeffer, martire nel 1945 sotto il nazismo. È interessante notare che, proprio nel lager, egli scriveva pagine intense sull’amore per Dio ma anche lettere molto delicate alla sua fidanzata: «Davanti a me è appesa la tua foto e per molte settimane dovrò accontentarmi di essa. Eppure sento la tua voce. Il tuo sorriso, un po’ triste, vedo i tuoi occhi, sento la tua mano». Ora, in questa esperienza divina e umana Bonhoeffer sottolinea un aspetto che è sempre più smarrito nei nostri giorni così frenetici, che vogliono tutto e subito. L’amore vero è un itinerario «in-finito» rispetto agli altri atti esteriori della vita. La maturazione avviene lungo un percorso di anni e l’amore di un genitore sa vegliare con pazienza sulla strada di un figlio. L’amore sboccia e fiorisce secondo tempi che sono sempre personali e non codificati e obbligati ed è per questo che non lo si può forzare o accelerare. Purtroppo oggi l’amore è confuso col possedere ed è per questo che spesso si riduce solo a un fugace e superficiale incontro di corpi o di sensazioni.

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