E’ un album di figurine. Un raccoglitore. Un faldone, un archivio immenso, infinito, in costante aggiornamento. Una parola, che scaturisce un’emozione da aggiungere ad una collezione quasi senza senso, priva di un filo logico che dia razionalità a quel concentrato. E’ quella notte su un divanetto, marci di Jack Daniel’s, a stringerci le mani, incoscienti. E’ quel bacio rubato, spontaneo, fuori la porta di casa. E’ quel sorriso al tramonto delle 20, in pieno Agosto, su una spiaggia tirrenica. E’ un nome, che ti fa contorcere lo stomaco solo a sentirlo pronunciare. E’ quell’agonia, che ti fa piangere appena sveglio al mattino, dopo aver lavato il viso, guardandoti allo specchio, con quel vuoto interiore che è un problema tuo. Soltanto tuo.
E siamo noi, tra lacrime e gioie, mentre respiriamo senza renderci conto di farlo, più vivi che mai, ogni giorno. Quel volto, quell’altro, e l’altro ancora. Quei nomi, e quei cognomi, che a ricordarli ci rimbombano l’importanza che gli avevamo attribuito.
Emozioni, felicità, agonie. Risurrezioni, ricordi, sorrisi.
Amore.
Amore, che non è lui, e nemmeno lei. Bensì io, tu, ed un qualsiasi pronome personale. Per se stesso. Per la propria vita. Come un film proiettato in un drive-in nell’87, sotto un cielo pirotecnico stellato. Una canzone di Alain Delon che manco mio nonno. Un sogno. Una leggera speranza.
Un ciclo di azioni che giocano a susseguirsi. Tra un sorriso, e un broncio.
Che si raccolgono.
Rendendo la vita la più grande storia d’amore.