Tre, quattro anni dopo.

Rovistavo tra profili di gente andata su Facebook. Scuole superiori. Istituto Tecnico Commerciale “Guido Dorso” di Sarno. Vecchie foto trovate per caso, risalenti solo a qualche anno fa, ma già appartenenti ad un’altra epoca. Ritrovo la dolcezza di quei giorni, dove la mia paura più grande era un’interrogazione con la prof. di Italiano, “la Pecoraro”. Le cotte platoniche, e l’ingenuità dei primi amori, belli perché vissuti senza pensare al futuro. Erano soltanto carezze, parole dolci, notti al telefono in cameretta, sms da leggere e rileggere ai migliori amici, pieni di felicità. Le serate trascorse su MSN, quando Facebook e Twitter non c’erano, in attesa di quel trillo che ci avrebbe fatto battere il cuore. Quando se alle 23 ero ancora al computer, avevo fatto tardi. Il sentirsi grandi con i primi cocktail, e il frigo stracolmo di birre durante le feste di halloween sulla terrazza di casa mia. “Blackout” di Britney Spears, in camera, a palla, per tre, quattro, cinque volte al giorno. I ‘filoni’, quando marinavo la scuola, in spiaggia a Salerno, o sugli scogli a Mergellina. E il McDonald’s di Pompei. Con quella Santa Beatissima Circumvesuviana, che ci faceva da autista in ogni dove.

I pranzi con mamma. Le notti con papà. E la forza di sorridere pensando che tutto andasse bene. L’emancipazione, i diciassette anni tra Napoli e Roma, le notti marce in discoteca, e l’alba fresca invernale di campagna. I giri ininterrotti in auto tra i paesini vesuviani, con quelle luci stradali di un arancio fortissimo, che ci illuminavano il sentiero verso il Burger King Drive. Parcheggiati in macchina, con un cheeseburger, patatine fritte con ketchup e un cd con i successi pop del momento, a parlare di quello e di quell’altra. Di quanto saremmo dovuti essere fighi il sabato a venire. Di quanto stavamo male per esserci lasciati, e di come non avremmo dovuto mostrarlo. Gli abbracci sotto casa, i “ti voglio bene”, e i “grazie teso’ per la serata”. E le frequentazioni da due settimane/un mesetto, che sembravano così amplificate e di rilievo. Intense. Emozionanti. Quasi magiche.

Ed era tutto un’età. Quell’adolescenza spensierata, che tanto spensierata forse non è stata. Quei volti angelici e puliti, quegli occhi vispi e pieni di vita. Quello sguardo così acceso che non ritrovo più allo specchio. Insieme al bambino che ero, disperso tra pagine di lacrime e sorrisi. La voglia di crescere, in fretta e furia, forse per fingere di essere più forte.

Bruciando le tappe, e bruciando un po’ me stesso.

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