Punto e da capo.

Non trascorrevo un weekend come questo da tempo. Più di un anno. Ne ho ricavato drink (tanti), locali (un bel po’) e tante facce. Volti noti, volti che non vedevo da tempo, volti estranei. Pare che sia questa la celebrazione della libertà, dopo un anno speso ad amare qualcuno. Circondarsi di volti, sorrisi, brindisi, finché le luci diventano soffuse, caotiche, e ci si ritrova abbagliati dalla luce del mattino, in un letto che non ci appartiene. E ci rendiamo conto di essere single. Soli, in balia di noi stessi. E non conta più quello che abbiamo fatto, o chi abbiamo amato in passato, perché siamo a punto e da capo.

Come un tempo c’era il buon senso della fiera della vanità, oggi prevale la fiera della felicità. Un’ostentazione di sorrisi e spensieratezza, quasi una gara a chi va avanti per primo. L’amara verità è che nessuno va avanti. Passano i giorni, finiscono i drink, gli amici tornano a casa, i letti che non ci appartengono diventano un ricordo offuscato. Resta un gran mal di testa, e i fantasmi con cui fare i conti quando torniamo nel nostro letto. Da soli, sotto le lenzuola, con i ricordi che diventano ossessivi e prepotenti. Un fermo immagine che non ci lascia in pace.

E non ci resta niente di quel weekend da leoni. Se non un conto notevolmente diminuito, e l’effimera convinzione di stare andando avanti. Per aver brindato spensieratamente. Per aver baciato altre labbra. Per aver toccato altri corpi. Mentre il tabellone resta fermo sullo 0 – 0.

Non ci sono vincitori, né perdenti. C’è solo solitudine, mista ad una errata concezione di “voglia di vivere”.

Ci risveglieremo domani. Inizierà un’altra settimana. Ci sarà un altro weekend.

E saremo di nuovo punto e da capo.

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