Ascolto In God’s Hands di Nelly Furtado. Racconta di un amore finito, che col tempo si è logorato, tra bugie e mancanza di fiducia, vittima della facilità di una resa dopo avere provato a lottare per mantenerlo vivo. Per poi spegnersi, e ritornare lì da dove era venuto, nelle mani di Dio.
Mi piace pensarla così. Mi piace pensare che gli amori che viviamo siano una sorta di benedizioni che ci vengono mandate, forse, per imparare a vivere. O per cadere e rialzarci, e di conseguenza essere più forti, tanto per leggerla in chiave più banale. Del resto è strano quanto si possa essere felici, costruire giorno dopo giorno un futuro felice da condividere e vedere tutto crollare davanti a sé, tra l’atteso e l’inaspettato. Ci vuole tanto per innamorarsi, un secondo per chiudere una relazione, e alla fine magari non basta una vita per disinnamorarsi. Un po’ come una croce che ci si porta sempre sulle spalle, e in quel caso potrebbe sembrare quasi una maledizione, più che una benedizione. E i pensieri si accavallano, l’uno sull’altro, con quelle questioni irrisolte che ci porteremo sempre dietro, senza mai riuscire a dargli delle risposte, dei punti con cui sostituire quegli antipaticissimi punti interrogativi. Trovando, prima o poi, una pace che ha quel retrogusto amaro di una rassegnazione. E quindi è così che si va avanti. Trascorrono i giorni, le notti, e passa da sé, tra mille dubbi e una spontanea spensieratezza portata dal tempo. Scegliere; se risorgere dalla croce, come Gesù, o se, come Nelly Furtado, dirsi “I want it back, just what we had”.
Sono la forza e la rassegnazione, messe a confronto.
Ma, in ogni caso, parliamo sempre di fede.
«Ogni uomo deve attraversare l’inferno per raggiungere il paradiso.»
– “Il promontorio della paura”, Robert Mitchum