R.I.P.

Preso dalla routine, da impegni effimeri, dal pensare a non pensare, vagabondando nel mondo con mille punti interrogativi, alla ricerca di qualcosa di dolce e di leggero con cui riempire pagine lasciate vuote da quella salvezza che è stata quell’addio. A volte mi faccio due calcoli e realizzo quanto tempo sia passato, così velocemente da far paura, come se dovessi raggiungere un imminente traguardo al quale rischio di arrivare impreparato. Come se non fossi più al passo con la vita, col tempo, interrogandomi su quanto sia davvero passato, a parte i mesi sul calendario.
Ne ho passate tante, ne ho viste un po’, eppure queste pagine recenti mi sembrano così vuote, insulse e irrilevanti. Non c’è più emozione, ma solo comandi statici dettati dalla voglia di proseguire verso un altro giorno. E quelle farfalle che partivano dallo stomaco fino ad annebbiarmi la mente hanno probabilmente raggiunto e superato l’arcobaleno, senza di me.

Mi trasformo in pietra, mentre la fede va via, e gli occhi diventano di ghiaccio, insieme all’anima congelata in un presente rosso il cui futuro sembra buio, rimpiangendo quel passato imposto dal destino che altro non era che un angelo di luce.

Suona il telefono e mi risveglio, riconquistando quella fede che una volta persa mi avrebbe reso un animale in mezzo a tanti altri. Il ghiaccio si scioglie grazie al fuoco scaturito dalla potenza della forza di volontà, di essere. La mia. Le catene si spezzano e il buio diventa luce. Non ci sono più arcobaleni da raggiungere, né farfalle accecanti. Niente più fantasmi da riportare in vita.

C’è solo un mondo veramente di merda al quale dimostrare chi sono Io.

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