C’è una linea sottile che separa la realtà dall’immaginazione. Con la prima siamo quel che siamo, e con la seconda siamo qualunque cosa vogliamo. La realtà ci tiene lì, dove tutto può sembrare positivo, e renderci felici, o al contrario, e schiavizzarci alla negatività che, spesso, è collegata alla nostra pessima immaginazione. Decimi di febbre da domenica sera, giorno in cui sono finalmente ritornato a casa dopo due mesi no-stop a Milano. La febbre e l’influenza mi mettono sempre tanta negatività, e stare a casa, di conseguenza, mi deprime ancor di più, specie se sono solo. Sono un po’ ipocondriaco (come tutti credo oggigiorno), e Google è la lapide di tutti noi malati immaginari che azzardiamo cercare “soluzioni” ai nostri semplici sintomi influenzali. E’ per questo che, a volte, quando si è giù, e soprattutto preoccupati per la propria salute, l’unica soluzione è quella di dissociarsi dalla realtà, magari infilandosi un paio di cuffie nelle orecchie ed ascoltare buona musica, distarsi, e diventare una sola cosa con i secondi che scorrono via, senza contarli. E al posto di una Tachipirina, l’abbraccio di una persona che amiamo, che può essere nostra madre, guarisce più di ogni altra medicina. Perché ci scalda a partire dal cuore, e ci rassicura, stringendoci con protezione. Forse leggendo queste righe si potrebbe pensare che stia delirando, ma vi assicuro che la febbre è davvero bassa (finalmente). Sono solo molto felice di essere qui, e di riabbracciare le uniche persone che sono davvero importanti per me. In fondo, sono i loro abbracci la mia tana, il mio rifugio lontano dalle mie insicurezze e paure. Vorrei poter fermare il tempo, ed essere felice per la dolcezza di mia madre in eterno, sentire il profumo di mio padre per sempre, provare l’amore delle mie sorelle a tutte le ore. Ed è questa la realtà più bella che potessi mai immaginare di vivere.
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Loverdose.
Se tutto accade quando meno ce lo aspettiamo, allora finché avremo aspettative non accadrà mai nulla? Nella mia vita ho pagato le conseguenze per ogni singola aspettativa in cui ho sperato, per ogni parola poetica in cui ho creduto. Per ogni sorriso, abbraccio, bacio a cui ho ceduto. Ero un fan del “Carpe diem”, perché avevo ancora tanto da scoprire, e pochi lividi sul cuore. Ci sono momenti delle mie giornate in cui penso agli affetti che ho perso, a quei sentimenti che sono stati capaci di prendermi in giro, a tutte le delusioni che ho ricevuto da chi non avrei mai deluso. E mi ritrovo in un punto in cui c’è posto solo per la verità nella mia vita, per ciò che è reale, tangibile. Ho smesso da un pezzo di credere nelle belle parole, tantomeno nei complimenti omaggio. Mi sento come se fossi circondato da convenevoli, parole dette tanto per essere pronunciate, per educazione, per un senso di rispetto che tanto rispettoso non è. Ed ho accantonato gente, amici, conoscenti. Ho sempre avuto uno spiccato senso nel rilevare il vero dal falso, eppure mi è capitato di lanciarmi nell’errore premeditato, in quelle amicizie in cui si sa già a cosa porteranno, e cosa lasceranno. Perché teniamo troppo ad una persona da rifiutare l’idea che quell’overdose d’amore che ci dà altro non sia che artificio. Saper riconoscere le dimostrazioni, i gesti, i segnali d’interesse quando sono puliti, e non quando sono macchiati dalla menzogna. Siamo tutti così bravi a recitare emozioni da arrivare al punto di non riuscire più a distinguere la realtà dalla finzione. Ci blocchiamo, e perdiamo la fede. Quella altrui, nei confronti di chi ci tende una mano, senza sapere fin dall’inizio se ci tirerà con sé, o ci spingerà via. Non sono ancora un uomo, ma nemmeno un ragazzino, e mi chiedo quanto sia sottile la linea che separa le parole dai fatti. Le emozioni dai sentimenti. Le scintille dai fuochi d’artificio. Del resto, da una stretta di mano parte un rapporto. Dalle parole scaturisce un’aspettativa. Ma è dai fatti che nasce la fiducia.